Sentire

Nel teatro di improvvisazione su cui mi piace lavorare, è tutto quello che davvero conta.

Ed è la base da cui partire e a cui tornare.

DA ATTORE: sono contento di me stessa/o?

Nel lavoro teatrale siamo tutti attori: nel cerchio, nel riscaldamento, nelle danze con pubblico, sul palcoscenico. E le prospettive di osservazione per darsi una risposta possono essere diverse.

Basti pensare… a come ci si è comportati, per come ci si conosce.

Alla relazione con il lavoro.

Alle relazioni con gli altri.

Alla relazione con il facilitatore (diverso dagli altri perché solo perché ha una funzione diversa dal resto del gruppo).

Se viene in mente qualcosa per cui ci si vorrebbe diversi (Attenzione! Vorrei me stesso diverso. Gli altri non c’entrano, in qualunque modo si siano comportati…), lì vuol dire che c’è qualcosa che – se interessa – si può ricordare per lavorarci.

Perché dico questo? Perché rispetto a quel qualcosa SI SENTE. È presente quindi un’emozione che può – letteralmente – creare un personaggio.

DA PUBBLICO: tra le cose che ho visto, che cos’è che mi ha lasciato una traccia? Perché me ne ricordo, perché l’ho commentata, perché mi ha fatto “sentire”…

Ossia: paradossalmente e diversamente da quanto si ritiene, non è necessario che gli attori siano “bravi”. Quello che importa è che quello che hanno messo in scena mi abbia toccato, turbato, fatto emozionare… Certo, se hanno consapevolezza tecnica del proprio lavoro diventa più facile rendere se stessi un efficace strumento espressivo. Ma non è essenziale.

«Tra ciò di cui sono stato pubblico, alcune memorie sono più chiare, e ciò perché…»

… Probabilmente perché l’energia dell’attore, l’emozione con cui comunicava, il suo essere rispettoso del proprio sentire e, al contempo, onesto o diretto mi hanno toccato.

Ho letto nella messinscena, cioè, una sorta di “verità”.

Sono le emozioni, l’intensità dell’espressione, il tono della voce con cui l’attore si gioca che rendono credibile la storia. Il copione, come abbiamo iniziato a capire, è una scusa. Sono gli attori che fanno la differenza.

Beninteso: è verissimo che alcuni copioni rendono la vita più facile di altri. Ma attori poco connessi col “sentire” del proprio personaggio possono rovinare qualunque capolavoro…

Di fatto, da attore mi serve capire che se trovo modo di DAR SPAZIO A QUELLO CHE SENTO mi facilito la vita e rendo meglio. E questo vale per TUTTO ciò che sento: allegria, dubbio, tristezza, rabbia, dolcezza etc. Ossia le emozioni chiare E quelle scure.

In questo lavoro – ma forse non solo… –  SENTIRE è l’unica cosa che davvero importa.

La lettura ad alta voce

Leggere è per antonomasia un’attività personalissima, che ciascuno fa dove e quando gli pare, legata alla disponibilità di un testo su un supporto di qualche tipo – adesso ci sono gli ebooks, i telefonini o i tablets… – e la voglia o il bisogno di evadere dal contesto fisico concentrandosi su altro. C’è chi lo vive come la possibilità di stare con se stessi, staccando dalla quotidianità.
A partire da questo, l’attore con che approccio affronta il testo scritto, che ne vuole fare?

Si legge a voce alta per altri, per qualcuno che ascolta, a cui si cerca di passare il sapore che trasuda dalla pagina, al di là del senso del testo.
Una cosa è, infatti, capire quello che c’è scritto, un’altra cosa è trasmetterlo a chi ascolta e non può eventualmente fermarsi, rileggere, riflettere…

Leggere a voce alta significa riconoscere che nel testo ci sono parole, espressioni, intenzioni che possono essere passate o sottolineate con un cambio di ritmo o di tono, con i silenzi, perfino con uno sguardo a chi ascolta, a costruire e consolidare una relazione con il testo.
Il Lettore si prende la responsabilità di costruire un ambiente attorno alle parole. Emozioni. Intenzioni. Pause… È una vera e propria complicità che si costruisce con l’ascoltatore, un cieco che viene condotto per mano a visitare mondi fatti di parole.

Ma noi tutti sappiamo che i mondi – concreti o onirici – sono fatti d’altro.
Le parole altro non sono che un codice, il cui significato non è detto sia sempre scontato per tutti.
È lì, in questo spazio di interpretazione che si inserisce il Lettore, che, con la propria espressione, trasmette il senso che ha compreso.
Per questo, la lettura ad alta voce è un atto di mediazione, è una traduzione che, fatalmente, rimanda a tutti gli attori coinvolti: chi scrive, chi legge, chi ascolta.

Capita di leggere testi che sono solipsistici.
L’autore si specchia nei suoi scritti, si compiace di sé, si tratti di idee, immagini o formule espressive. E si preoccupa solo in parte – se si preoccupa – di chi legge/ascolta.
«Che vuol dire?», ogni tanto chi legge è costretto a chiedersi. 
Quando è così, le letture a voce alta diventano faticose, serve uno sforzo per semplificare, rendere esplicito il senso, o – al contrario – mascherare il solipsismo dell’autore.

All’altro estremo, capita di ascoltare il lettore che si bea della propria abilità, che usa il testo per esibire la propria tecnica, scordando che nella lettura si è semplici strumenti di trasmissione. 
D’altra parte, non è facile. Tra interpretazione ed esibizione ci sono spesso confini sottili, che si impara a conoscere attraversandoli, sbagliando e correggendo.

La parola scritta trasforma tutti in pubblico, compresi gli attori che vogliono misurarsi con la sua lettura ad alta voce.
Se immagino la relazione tra Autore e Lettore come una linea che li connette, conviene tenere il Pubblico come fulcro centrale. Come se fosse un filtro a cui offrire riconoscimento, la cui mera presenza cambia e contribuisce al sapore di tutto.

Fare un regalo al pubblico sarà un’immagine funzionale sia all’uno che all’altro.
L’Autore regalerà le proprie parole, il Lettore la propria interpretazione delle stesse, in un gioco virtuoso in cui ciascuno ha la relazione con qualcuno fuori da sé come fuoco di attenzione.
E la generosità come moneta di scambio.

🙂

La ludoscuola (Insegnanti)

L’intento del laboratorio è di formare insegnanti attenti a quelli che sono i processi di apprendimento che all’interno di un percorso di gioco si attivano consentendo così agli alunni di conoscere e sperimentare situazioni, oggetti e temi di studio anche attraverso errori e nuovi tentativi.

Giocando si impara a conoscere il nostro corpo e a muoversi nello spazio, si esplora il mondo, si scoprono gli oggetti, il loro uso quotidiano e il loro uso improbabile, si impara a relazionarsi con gli altri, si superano ostacoli fisici in modo personale e graduale.

Attraverso l’utilizzo di tecniche partecipative che garantiscono l’espressione di ciascuno dei discenti, l’idea è di orientare l’attività con insegnanti e ragazzi alla sperimentazione, ideazione ed elaborazione di giochi che, oltre ad avere una valenza ludico-espressiva, consentano l’approfondimento di argomenti e tematiche funzionali al percorso didattico.

Tale percorso offrirà agli insegnanti elementi di facilitazione, opportunità di valorizzazione delle esperienze didattiche e creerà la premessa per la costruzione di una banca dati da archiviare in rete che, progressivamente, si arricchirà di elaborazioni su argomenti dei programmi didattici calibrate sull’età dei ragazzi.

A cura di Lorenzo Bocchese.

Teatralia (Scuola Primaria)

Si tratta di un laboratorio ludico-teatrale: l’idea è di partire dal gioco e dall’espressione corporea e, attraverso il racconto e l’ascolto, dare uno sviluppo narrativo alle attività ludiche, di modo che i bambini possano giocare in sintonia alla realizzazione di un progetto espressivo d’insieme che li raccolga tutti.
Il gioco teatrale della messinscena dovrebbe costituire il traguardo naturale del progetto e cercherà di mettere assieme il contributo di ciascun gruppo di bambini.
L’educazione del bambino sarà ad essere sia attore che pubblico, pur rimanendo nell’ambito ludico e coinvolgerà gli adulti di riferimento (insegnanti, genitori etc.).

A cura di Lorenzo Bocchese.

Memorie di pietra (per la Giornata della Memoria: Scuole Medie Inferiore e Superiore)

L’idea è di offrire, di concerto con gli insegnanti di riferimento, un approfondimento sulla tematica della Shoah, l’olocausto degli Ebrei e non solo che ha attraversato la seconda guerra mondiale del ‘900.

Oltre che riprendere gli elementi storici, è possibile utilizzare strumenti diversi su cui costruire:

  1. 2 mostre, una con specifico riferimento ai trascorsi e alle storie di famiglie ebree in provincia di Vicenza e Veneto e l’altra con riferimento alla cosiddetta T4, l’olocausto dei disabili;
  2. film o spezzoni di film grazie a cui mettere a fuoco problematiche diverse;
  3. un copione teatrale su cui curare una laboratorio di messinscena di circa 1 ora con i ragazzi.

Il progetto può usare tutti questi elementi o solo alcuni, in funzione dell’opportunità.

A cura di Lorenzo Bocchese, Antonio Spinelli e Mariagrazia Lovato.

Pierino e il lupo (Scuola Primaria e Media Inferiore)

Due piccioni con una fava: l’idea è di realizzare una mostra/spettacolo che avrà come oggetto la fiaba musicata da Sergej Prokof’ev in collaborazione con l’insegnante d’arte che coordinerà, all’interno della classe coinvolta, la realizzazione di X tavole che vorranno illustrare la fiaba.

Con la classe si identificheranno le tavole da disegnare, idealmente da gruppi di 3-4 bambini, che dovrebbero concordare (progettazione partecipata) come mettere assieme gli elementi che devono essere presenti in ciascuna tavola e poi realizzarla insieme. L’utilizzo di tecniche diverse consentirebbe ai ragazzi di misurarsi con possibilità espressive alternative.

Dal lavoro finale nascerà una mostra che illustra una storia da condividere con il resto della scuola e i genitori. L’evento che la introdurrà sarà la lettura animata della fiaba con la colonna sonora di Prokof’ev a cura della classe che ha lavorato.

A cura di Lorenzo Bocchese

SCUOLE

C’è la disponibilità per un’offerta diversificata sia per tema che per fascia di età. In generale, gli argomenti portanti e trasversali sono:

  1. i Diritti dell’Infanzia, come riferimento legislativo e culturale su cui costruire relazione accoglienti e tutelanti, per piccoli, ma anche per grandi;
  2. la partecipazione, ossia il sapersi/potersi coinvolgere nella vita collettiva, prendendosi la responsabilità delle proprie azioni. Su queste basi, costruire una relazione virtuosa con le Istituzioni (scolastiche, comunali e/o regionali);
  3. il teatro, linguaggio universale per accedere a storie su cui ragionare e prendere ispirazione. Da fare e da guardare;
  4. il gioco, sia strumento che metodo per rendere accessibile la realtà ai più piccoli, sia livello educativo che formativo;
  5. il coinvolgimento delle famiglie, attraverso iniziative che la rendano parte attiva del processo di educazione dei figli.

Se il tempo riguarda soprattutto la scuola, c’è la possibilità anche di creare le premesse per prendersi cura anche del tempo estivo: formazione di operatori, progettazione e gestione di un centro estivo, e l’organizzazione anche di vacanze in campeggio per i ragazzi.

Teatro della Società

Il teatro è uno strumento per analizzare ed esprimere.
A partire da questo semplice assunto, il Teatro della Società vuole essere un laboratorio che, familiarizzando i corsisti con il linguaggio di improvvisazione e gli strumenti da esso offerti, arriverà a proporre messinscene che useranno temi e dinamiche della vita quotidiana. L’idea è di usare il teatro per stimolare i corsisti a rappresentare se stessi, storie proprie o su cui c’è interesse/sensibilità, elaborandole secondo archetipi e imparando ad osservarle dall’esterno.

Ad esempio:

  1. i rapporti con la famiglia;
  2. i rapporti con i coetanei;
  3. il lavoro;
  4. il bisogno del gruppo e il senso di appartenenza;
  5. lo spazio necessario allo sviluppo della propria individualità ed identità;
  6. l’interesse per l’altro sesso;
  7. l’integrazione del diverso: il disabile, l’immigrato, l’anziano;
  8. l’incognita del futuro e delle scelte relative.

I corsisti saranno guidati a scrivere il testo, oltre che a rappresentarlo. 

A cura di Lorenzo Bocchese. Aperto anche a chi non ha già fatto esperienza teatrale.

Commedia dell’Arte del XXI Secolo

Le Maschere tradizionali della Commedia dell’Arte come utile riferimento per abituarsi a riconoscere, interpretare e rappresentare i più importanti archetipi che popolano la realtà che viviamo.
Chi sarebbero i Comici oggi? Quali sarebbero le maschere ed i personaggi da interpretare, i protagonisti della grande Commedia, lo spettacolo che la vita ci regala ogni giorno? E i lazzi, le abilità con cui stupire e incantare un pubblico? Quali, infine, i canovacci e le storie di questi nostri anni 2000, capaci ancora di legare amore e potere, convenzioni e trasgressione, relazioni e sentimenti come quelli della Commedia di qualche secolo fa?
Nel cercare qualche risposta a queste domande, scopriremo come sul palcoscenico personaggi e storie, pur aggiornandosi e cambiando aspetto, sembrino tuttavia restare nel solco di una delle esperienze teatrali storicamente più importanti a cui l’Italia abbia dato un contributo.
Sì, perché oggi, nel XXI Secolo della tecnologia pervasiva, di internet, in cui i punti di riferimento sembrano in costante evoluzione, i ruoli sociali si perpetuano secondo schemi vecchi di secoli, su cui la Commedia dell’Arte ancora oggi ci aiuta a sorridere.

Il tema può prendere la forma di un ciclo di 5 seminari mensili, ciascuno dedicato a un archetipo: il Capitano, il Vecchio, il Dottore, l’Amoroso, il Servo.
Oppure articolarsi in forma laboratoriale nel fine settimana o secondo una scansione più estesa.

A cura di Lorenzo Bocchese. Aperto anche a chi non ha già fatto esperienza teatrale.

Impro-Teatro

Lunedì 9 Gennaio h. 20:30 prova aperta senza impegno.
Prenotazione obbligatoria con mail a lorenzo@facilitatore.it.

Che si trova ad un incontro di Impro-Teatro?
Un cerchio di attori, ognuno unico ed autentico.
Un palcoscenico vuoto come specchio per scoprire che – dietro agli occhi – già si indossa un personaggio, una storia, un’emozione.
Un pubblico curioso e supportivo.

Improvvisare è consentirsi di essere se stessi di fronte ad un pubblico.
Perché ciascuno già sa benissimo come improvvisare, lo fa in ogni momento, tutti i giorni.

Perché improvvisando ci si mette in gioco. E si trova quindi rapidamente la propria autenticità: l’autenticità dell’attore, prima degli infiniti personaggi.

Perché anziché usare le parole di altri e studiare come renderle naturali su di sé, si può rovesciare il gioco ed essere naturali, comprendendo che personaggio si sta recitando per metterlo a servizio di una storia.

Nel laboratorio si mettono assieme movimento espressivo, danza e teatro, con l’idea di sperimentare – da soli e in gruppo – come “essere” fedeli a se stessi ed esprimersi di fronte ad un pubblico amico.

A cura di Lorenzo Bocchese. Aperto anche a chi non ha già fatto esperienza teatrale.

Impro-Teatro è parte del progetto 2022/23 Il filo nel labirinto.