Lo spazio vuoto

“A man walks across this empty space whilst someone else is watching him, and this is all that is needed for an act of theatre to be engaged.” (Peter Brook)

Guardo la tastiera e le mie mani sospese.

Le labbra mi si arricciano, mentre mi chiedo da che parte prenderlo, questo spazio vuoto che ho di fronte.

A guardarli con gli occhi del teatro, tutti gli spazi vuoti fanno venire un po’ le vertigini.

Non solo questo schermo che mi guarda, ma anche la pagina bianca, la tela intonsa, il pentagramma (ancora) senza note, il palcoscenico su cui si apre il sipario, un’espressione indecifrabile sul viso, un’ora buca perché un impegno è stato cancellato… Capaci, tutti quanti, di far “sentire” chi li guarda, il “pubblico”, sia che si interroghi su che cosa succederà, sia che stia decidendo di entrare in quello spazio vuoto, di diventare “attore”.

In quello spazio vuoto tutto può avvenire. E tutto sarà espressione perché, isolato dal contesto, si staglierà e “dirà” qualcosa, si presterà ad essere interpretato.

Ci sento qualcosa di semplice e profondo in tutto questo. Lo spazio vuoto, lo spazio neutro per eccellenza, accoglie chiunque voglia abitarlo, donandogli una libertà misurata solo da quello che ciascuno è in grado di immaginare e vivere per sé.
Si presta ad essere interpretato (prospettiva dell’attore, che lo riempie e lo trasforma in quello che vuole) o letto (prospettiva del pubblico, che, guardandolo, ci proietta sopra tanto i propri desideri quanto i propri fantasmi) nella chiave di ciò che ciascuno “è” in quel momento.

Di più.
Mettersi in gioco nello spazio vuoto conduce a misurarsi con il grado di libertà che ciascuno si concede.

E spesso, i commenti che si sentono rispetto agli spettacoli – i quadri, gli scritti, le musiche… – che nascono nello spazio vuoto – qualunque esso sia – riguardano questo: la capacità dell’attore di impossessarsi, di godere e far godere un pubblico della propria libertà espressiva.

Non esistono abilità, idee, saperi o attitudini migliori di altri.

Solo – già, “solo”… 🙂 – la rivelazione di come le persone sappiano usare la propria libertà nello spazio vuoto che si ritagliano.

Abilità tecniche superiori alla media? Spesso sono il lascito di momenti precedenti che hanno visto altri spazi vuoti riempirsi di esperimenti, di prove, di un esplorare talvolta coraggioso che ha lasciato tracce nella memoria.

Parole?

Non per chi, andando oltre l’horror vacui dello spazio vuoto – ecco, appunto. Questi Latini… 🙂 – ne ha misurato l’intensità e la forza. Chi ci è consapevolmente entrato vi ha portato la propria vitalità, tornandovi spesso più ricco di esperienza e di coraggio, più aperto nell’affrontare il prossimo spazio vuoto. In un ciclo virtuoso di crescita che si può percorrere fino all’ultimo respiro.